Consumi e incidenza
In Italia nel 2009 per l’illuminazione pubblica sono stati consumati 6,3 TWh, pari al 2% del totale dei consumi elettrici totali.
Il costo della sola illuminazione pubblica rappresenta ben il 50 – 70% del costo totale dell’energia elettrica degli enti locali. Questa voce incide per quasi il doppio rispetto a quanto avviene in Germania e Austria (a titolo esemplificativo, si consideri che il consumo elettrico medio pro capite in Italia è di circa 100-110 kWh/anno per abitante; negli stati del Nord Europa tale valore è in media di 50 kWh/anno per abitante), per questo è sempre più pressante l’esigenza di ridurre tale consumo e la spesa relativa.
Figura– consumi di energia elettrica nella pubblica illuminazione
Tali consumi hanno determinato l’immissione in atmosfera di più di 3 milioni di tonnellate di CO2. Un’Amministrazione che decide di intervenire con misure di efficienza energetica nel settore dell’illuminazione pubblica urbana inevitabilmente, oltre ad una riduzione dei costi economici e al risparmio dell’energia, permette la salvaguardia dell’ambiente, grazie anche ad una riduzione delle emissioni in atmosfera in termini di CO2. Valutato il risparmio energetico prodotto dagli interventi realizzati è possibile quantificare la riduzione delle emissioni prodotte moltiplicando i kWh di energia elettrica risparmiati per il fattore di emissione della CO2 (fattore di emissione standard nazionale per il consumo di elettricità 0,483 t CO2/MWhe).
Caratteristiche e vincoli del sevizio di illuminazione pubblica
In Italia non esiste una legge nazionale che imponga ai Comuni o ad altri enti locali di illuminare le strade o le altre aree pubbliche di loro competenza sebbene, qualora intenzionati a farlo, gli enti debbano attenersi al rispetto delle molteplici normative europee e italiane esistenti, oltre che alle disposizioni regionali ed agli ordinamenti del Codice della Strada. In via generale possiamo affermare che il servizio pubblico di illuminazione si ripromette di:
i. assicurare la visibilità nelle ore notturne per migliorare la fruibilità degli spazi urbani (nell’arco dell’anno vi sono circa 4200 ore di buio);
ii. garantire sicurezza alle persone e ai veicoli per il traffico stradale, per evitare incidenti. La segnaletica stradale deve essere adeguatamente illuminata, inoltre i livelli di illuminamento sono diversi a seconda della tipologia e dell’utilizzo delle strade, distinguendo le strade urbane principali da quelle del centro storico con traffico limitato o esclusivamente pedonali, e distinguendo nei quartieri residenziali le strade che fungono da collettore rispetto a quelle a basso traffico (a questo proposito vi è una classificazione regolata da norme specifiche);
iii. dare una sensazione psicologica di sicurezza, intesa anche come deterrente alle aggressioni: vedere e farsi vedere;
iv. migliorare la qualità della vita sociale attraverso l’incentivazione di attività serali, che includono l’intrattenimento, la valorizzazione e il godimento da parte della popolazione e dei turisti di monumenti e opere architettoniche, infine e non ultimo il prolungamento delle attività commerciali.
Necessariamente, il tema che si pone agli amministratori dei Comuni, ai tecnici e ai progettisti è trovare il giusto compromesso tra le suddette esigenze e la necessità di avere bassi costi di gestione e investimento, garantendo inoltre limitati valori di inquinamento luminoso.
Esigenze di sicurezza: le norme UNI EN 13201-2:2004 e UNI 11248:2012
La norma UNI EN 13201-2:2004 definisce le categorie illuminotecniche per l’illuminazione stradale volte a soddisfare le esigenze visive degli utenti e considera gli aspetti ambientali dell’illuminazione stradale. Tra i requisiti illuminotecnici dell’impianto di illuminazione, che la norma chiede di rispettare (illuminamento, luminanza, abbagliamento, illuminazione di contiguità, ecc.), è presente anche l’uniformità che è definita come: “rapporto tra il valore minimo ed il valore massimo della luminanza del manto stradale rilevata lungo la mezzeria di una corsia di marcia” (uniformità longitudinale). Questo aspetto viene preso giustamente in considerazione dalla norma perché essa desidera eliminare il disagio che viene arrecato agli utenti che si trovano a percorrere strade su cui sono attivati i sistemi di distacco dei punti luce (cosiddetto sistema Tuttanotte-Mezzanotte attualmente presente su alcuni impianti). Con tale sistema, che ha lo scopo di generare risparmio energetico, è evidente il non rispetto delle condizioni di uniformità della luminanza. Per la verità, anche negli impianti accesi tutta la notte è possibile riscontrare situazioni di mancata uniformità di illuminazione: questo è spiegato con il fatto che, per le motivazioni tecniche illustrate in altre sezioni di questo documento, gli alimentatori ferromagnetici non sono in grado di regolare la potenza di lavoro delle lampade al variare della tensione di alimentazione primaria. Pertanto, soprattutto in presenza di linee lunghe, dove la caduta di tensione tra il primo punto luce e l’ultimo può essere significativa, si può verificare che il flusso luminoso delle ultime lampade della linea sia decisamente minore di quello delle prime. Anche in questo caso, dunque, potrebbe non essere garantito il rispetto dei requisiti di uniformità dell’illuminazione.
La norma tecnica UNI 11248:2012 individua le prestazioni illuminotecniche degli impianti di illuminazione atte a contribuire, per quanto di pertinenza, alla sicurezza degli utenti delle strade. In diversi punti del documento viene posto l’accento sul fatto che il progettista deve curare, oltre all’aspetto prestazionale in termini di confort e sicurezza, anche quello dell’efficienza energetica. Queste norme impongono luminanza e illuminamento minimi da rispettare nelle parti soggette al traffico veicolare e pedonale. Si è perciò consolidata una buona prassi di illuminare laddove necessario, onde evitare possibili lamentele della popolazione e citazioni in giudizio dell’Amministrazione da parte del cittadino che ha subito un incidente stradale la cui concausa è la scarsa illuminazione.
Leggi regionali italiane: inquinamento luminoso e contenimento dei consumi energetici
Quasi tutte le Regioni italiane hanno promulgato delle leggi in materia di lotta all’inquinamento luminoso e contenimento dei consumi energetici: (Abruzzo LR12/05,Alto Adige-Südtirol D.G.P. 2057/11, Basilicata LR41/00, Campania LR13/02, Emilia Romagna LR19/03, Friuli V.G. LR15/07, Lazio LR23/00, Liguria LR22/07, Lombardia LR17/00, Marche LR10/02, Molise LR2/2010, Piemonte LR31/00, Puglia LR15/05, Sardegna D.G.R. 48/31, Toscana LR37/00, Trentino LP16/07, Umbria LR20/05, Valle d’Aosta LR17/98, Veneto LR17/09)
Caratteristica comune di queste disposizioni tecnico-legislative è la chiara indicazione del fatto che sugli impianti:
• devono essere previsti appositi dispositivi per la riduzione del flusso luminoso;
• la riduzione del flusso luminoso deve essere attivata ad orari definiti (si va dalle ore 22.00 alle ore 24.00, a seconda della Regione);
• la riduzione del flusso luminoso deve essere significativa: per lo meno del 30%.
Il Piano d’Azione per la Sostenibilità Ambientale dei consumi nel settore della Pubblica Amministrazione e i Criteri Minimi Ambientali
Il Governo italiano ha recepito quanto disposto dalla Commissione Europea in materia di Consumo, Produzione Sostenibile e Green Public Procurement (GPP), emettendo un documento denominato “Piano d’Azione per la Sostenibilità Ambientale dei consumi nel settore della Pubblica Amministrazione” (PAN GPP) nell’ambito del quale, a seconda delle varie categorie di beni e servizi appaltabili dalla Pubblica Amministrazione, sono stati definiti i Criteri Minimi Ambientali (CAM) che ne regolamento l’adozione (i cosiddetti “Acquisti Verdi”). Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha recentemente aggiornato l’originario Decreto Ministeriale del 22 febbraio 2011 nel quale vengono fissati i CAM da rispettare per la fornitura di prodotti e servizi alle Pubbliche Amministrazioni, relativamente agli apparecchi e impianti per la pubblica illuminazione (Gazzetta Ufficiale del 23.1.2014). In diversi punti del documento sopra citato, viene fatto riferimento alle caratteristiche e prestazioni richieste per gli alimentatori per lampade a scarica di gas e per i sistemi di regolazione del flusso luminoso affinché soddisfino i requisiti definiti dai CAM.
In particolare, ad esempio al punto 4.2.3.9 del documento pubblicato in Gazzetta Ufficiale, viene richiesto che gli apparecchi di illuminazione siano dotati di un sistema di regolazione del flusso luminoso che, ogni qualvolta possibile, deve:
i. essere posto all’interno dell’apparecchio di illuminazione;
ii. funzionare in modo autonomo, senza l’utilizzo di cavi aggiuntivi lungo l’impianto di alimentazione;
iii. avere un campo di regolazione, espresso come frazione del flusso luminoso nominale, da 1,00 a minore di 0,50.
Un tale scenario indirizza, quanto meno, le scelte della Pubblica Amministrazione verso l’ottenimento di risultati minimi di efficienza.
TECNOLOGIE
Un fattore che genera qualche incertezza è la transizione tecnologica che sta avvenendo dalle lampade a scarica (tipicamente sodio ad alta pressione) verso sistemi di illuminazione a LED. Questo passaggio si compie lentamente perché il sodio, pur essendo una tecnologia matura, offre ancora prestazioni ottime e costi di investimento bassi; i LED d’altronde devono ancora completare un percorso di industrializzazione, che porterà ad una riduzione dei costi ed un ulteriore miglioramento delle prestazioni. Va poi sottolineato che insieme a queste due tipologie è stata sviluppata da anni la tecnologia del sodio con luce bianca abbinata ad alimentatori elettronici, che dà ottimi risultati in termini di resa cromatica ed efficienza energetica, anche se al momento ha costi piuttosto elevati. Tutti e tre i sistemi appena menzionati trovano ampia giustificazione economica in funzione del contesto. Pertanto assisteremo alla loro coesistenza ancora per un certo tempo.
Realizzare un impianto di illuminazione seguendo i criteri di efficienza ed economicità richiede una scelta delle tecnologie più appropriate: da un lato sono fondamentali le proprietà illuminotecniche degli apparecchi luminosi, ma dall’altro le lampade ne costituiscono la parte vitale. Di seguito descriviamo e confrontiamo le varie tecnologie utilizzate per l’illuminazione pubblica (si partirà dalle sorgenti tradizionali fino ad arrivare alla più recente tecnologia a Led).
Ogni lampada si differenzia dalle altre, oltre che dalle caratteristiche costruttive anche da una differente efficienza luminosa che le rende più o meno adatte all’utilizzo in ambienti pubblici.
Ad oggi, le lampade ai vapori di sodio rappresentano la più diffusa soluzione per l’illuminazione pubblica.
Caratteristiche principali delle sorgenti luminose
Le sorgenti luminose utilizzate negli impianti di illuminazione pubblica per aree esterne devono possedere necessariamente alcune caratteristiche quali una buona efficienza luminosa, un’elevata affidabilità e una lunga durata di funzionamento nel rispetto della sostenibilità ambientale. Per gli interventi da realizzare negli ambienti urbani sono essenziali anche altre caratteristiche relative alla resa cromatica, alla tonalità della luce e alla temperatura di colore.
Di seguito si illustrano brevemente i concetti di:
• flusso luminoso;
• efficienza luminosa;
• durata di vita utile o media;
• decadimento luminoso;
• temperatura di colore;
• indice di resa cromatica (CRI o Ra).
Il flusso luminoso indica la quantità di luce emessa da una sorgente per unità di tempo, a prescindere dalla qualità della luce e della sua distribuzione nello spazio.
L’efficienza luminosa è, invece, definita come il rapporto tra il flusso luminoso emesso da una sorgente primaria e la potenza elettrica da esse assorbita. L’unità di misura è il lumen per watt (lm/W). Rappresenta la grandezza principale per la stima del consumo energetico.
Per definire la durata delle lampade si fa riferimento in genere a due parametri:
• durata di vita media: il numero di ore di funzionamento dopo il quale una percentuale di un determinato lotto di lampada in ben definite condizioni di prova, smette di funzionare.
• durata di vita media economica: rappresenta il numero di ore di funzionamento dopo il quale il flusso luminoso scende per effetto del decadimento luminoso al di sotto di un valore percentuale prestabilito.
La durata delle lampade è misurata generalmente in ore (h). Inoltre, diversi sono i fattori che influenzano la vita operativa di una lampada, come la temperatura ambientale, lo scostamento dalla tensione nominale, il numero e la frequenza delle accensioni e le sollecitazioni meccaniche. A seconda della tipologia di lampada installata tali fattori sono più o meno incisivi.
Il fenomeno del decadimento luminoso che coinvolge tutte le lampade, rappresenta la riduzione del flusso luminoso con il trascorrere del tempo di funzionamento e comporta inevitabilmente una riduzione dell’efficienza. Fisicamente si manifesta con un annerimento del vetro che ingloba il corpo emettitore di luce oppure con il degrado delle sostanze (polveri fluorescenti, gas di riempimento ecc..).
Il parametro che descrive il colore apparente della luce emessa da una sorgente luminosa è la temperatura di colore. Si misura in gradi Kelvin (° K), ed è definita come “la temperatura di un corpo nero (o Planckiano) che emette luce avente la stessa cromaticità della luce emessa dalla sorgente sotto analisi”. Convenzionalmente si parla di sorgente “fredda” quando si registra una temperatura di colore superiore ai 5.300 °K (colore bianco-azzurro), sorgente “calda” per temperature inferiori ai 3.300 °K (colore rosso scuro) e sorgente “neutra” per temperature comprese tra i 3.330 e 5.300 °K (colore arancione-giallo).
L’indice di resa cromatica (CRI o Ra) è un indicatore che quantifica la capacità della luce emessa da una sorgente di far percepire i colori degli oggetti illuminati. La quantificazione avviene per confronto con una sorgente di riferimento (metodo CIE) e valuta l’alterazione, o meno, del colore delle superfici illuminate percepito nelle due condizioni. La sorgente campione per eccellenza è la luce naturale anche se leggermente alterata da condizioni climatiche e dalle diverse fasce orarie del giorno. Nella valutazione del valore del CRI bisogna sottolineare che non è sempre vero che una lampada con alto indice di resa cromatica sia migliore di un’altra con un indice inferiore, in quanto tale valutazione deve essere effettuata in base all’utilizzo reale ed alla funzione della lampada stessa. Una delle migliori lampade in termini di resa cromatica è la lampada ad incandescenza che però ha una bassa efficienza luminosa e una breve durata, due caratteristiche molto importanti per una lampada. Se per esempio si deve illuminare un luogo immerso in un’area verde la scelta ottimale ricadrà a favore di una luce con emissione spettrale che si avvicini a quella del verde in modo da mettere in risalto la vegetazione circostante trascurando i valori indicati dalla resa cromatica.
In aggiunta a tali caratteristiche altri due aspetti devono essere presi in esame:
• la tipologia di attacco che rappresenta la parte della lampada che, inserita nel portalampada, la pone in contatto funzionale con i punti terminali dell’alimentazione elettrica. Tali attacchi sono classificati da una convenzione internazionale;
• la presenza, tra le componenti delle lampade, di sostanze nocive e pericolose per l’uomo e l’ambiente come ad esempio il mercurio (Hg) e il piombo (Pb).
Diverse tecnologie – illuminazione pubblica
Lampade a vapori di mercurio ad alta pressione
Le lampade a vapori di mercurio ad alta pressione sono state le prime nel tempo ad essere utilizzate in larga scala per l’illuminazione pubblica.
Figura – lampada a vapori di mercurio a.p.
Attualmente tali lampade non sono più installate e lentamente il loro utilizzo è sempre più ridotto. Il largo impiego fatto nel passato non ha tenuto conto della pericolosità e delle problematiche relative allo smaltimento delle sostanze chimiche contenute all’interno della lampada stessa come per l’appunto il mercurio. Tali lampade sono costituite da un tubo di scarica in quarzo entro il quale è contenuto il mercurio, che è a sua volta contenuto nel bulbo di vetro internamente rivestito da polveri fluorescenti. Il rivestimento funziona da convertitore di frequenza e trasforma la radiazione ultravioletta, tipica della scarica del mercurio, in radiazione visibile. Sono caratterizzate da una forte presenza di gas che fa sì che il flusso luminoso nominale è raggiunto dopo qualche minuto e in caso di spegnimento, prima di una nuova accensione, sarà necessario un periodo di raffreddamento.
Fortemente usate in passato grazie alla semplicità del circuito e ad una modesta durata e ad una buona efficienza luminosa, intorno ai 30 – 60 lm/W, sono costruite per diversi formati, fino a 1.000W sempre con la stessa forma ellissoidale isoterma.
Figura – lampada a vapori di mercurio ad alta pressione
VANTAGGI
• Buona efficienza luminosa
• Consumi molto contenuti
• Notevole affidabilità
• Buona durata (vita media)
• Costi di acquisto modesti
SVANTAGGI
• Scarsa qualità della luce emessa
• Necessità dell’alimentatore
• Lunghi tempi di accensione
• Presenza di mercurio, sostanza tossica ed inquinante
• Sovracorrenti di accensione del 50%
VALORI MEDI
• Efficienza luminosa = 30 – 60 lm/W
• Temperatura di colore = 3.000 ÷ 4.200 °K
• Indice di resa cromatica = 40 ÷ 50
• Durata di vita = oltre 10.000 ore
Lampade a vapori di sodio
Le lampade a vapori di sodio sono le più utilizzate per l’illuminazione pubblica. Sono presenti sul mercato in due diverse tipologie quelle ai vapori di sodio a bassa pressione e quelle ai vapori di sodio ad alta pressione, anche conosciute come SAP.
A bassa pressione
La lampada al sodio bassa pressione è stata la prima lampada a scarica in gas, introdotta nel 1932, ancora oggi rimane la sorgente luminosa migliore in fatto di efficienza luminosa.
Figura – lampada a vapori di sodio a bassa pressione
Questo tipo di lampada oltre a contenere sodio ha al suo interno anche piccole quantità di gas inerte, generalmente neon.
Ha il vantaggio, in caso di spegnimento accidentale, di potersi riaccendere entro poche decine di secondi o al massimo qualche minuto.
Questi tipi di lampade vengono scarsamente utilizzate a causa del colore emesso (si vede solo giallo) e sono installate soprattutto in zone industriali, depositi, svincoli stradali o in distributori di carburanti fuori città.
Figura – lampada a vapori di sodio a bassa pressione
VANTAGGI
• Elevata efficienza luminosa (fino a 200 lm/W)
• Buona resistenza alle variazioni di temperatura ambiente
• Buona durata di vita media
• Rapidità nelle riaccensioni a caldo
SVANTAGGI
• Luce gialla accentuata, inutilizzabile nei centri urbani
• Necessità di dispositivi appositi come l’alimentatore
• Lungo periodo di messa a regime (8-12 minuti)
• Decadimento luminoso fino al 30%
• Costo elevato
• Impossibili da parzializzare
VALORI MEDI
• Efficienza luminosa = 130 – 200 lm/W
• Temperatura di colore = 2.000 °K
• Indice di resa cromatica = 0
• Durata di vita = fino a 12.000 ore
Ad alta pressione (SAP)
Le lampade ai vapori di sodio ad alta pressione costituiscono l’evoluzione della tecnologia ai vapori di sodio a bassa pressione.
Figura – lampada a vapori di sodio ad alta pressione (SAP)
Le lampade al sodio ad alta pressione si dividono in tre grandi gruppi a seconda della pressione di funzionamento: standard, a resa migliorata e a luce bianca. Quelle standard hanno una pressione di circa 10 kPa (kilo Pascal) e sono caratterizzate da una efficienza fino a 150 lm/W e da una temperatura di colore di 2.000 Kelvin. Quella a resa migliorata hanno una pressione di circa 40 kPa dove la resa viene migliorata fino a circa 60, mentre l’efficienza è circa il 66% di quella della lampada standard e la temperatura di colore si assesta sui 2.150 K. L’ultima tipologia è quella a luce bianca, con pressione di 95 kPa con una efficienza luminosa di circa 70 – 150 lm/W, con una temperatura di colore intorno ai 2.500 K ma con una resa cromatica ancora più elevata rispetto alle altre due categorie di circa 80.
Tutte queste caratteristiche hanno reso questa tipologia di lampada la più diffusa nel panorama nazionale dell’illuminazione pubblica con oltre il 60% di utilizzo nella versione standard (minor pressione e a maggior efficienza luminosa), mentre la sua flessibilità ad adattarsi alle varie esigenze di installazione, variando la propria resa cromatica, non viene molto sfruttata a causa dei maggiori consumi e costi. Esistono in commercio lampade al sodio/xeno che possono funzionare con tonalità di colore diverse. Queste lampade non contengono mercurio e possono essere regolate riducendo il flusso luminoso anche del 50% rispetto al nominale. Particolare attenzione all’utilizzo di queste lampade deve essere posta per l’illuminazione di strade o di oggetti in movimento in quanto possono presentare effetti stroboscopici (l’effetto ottico che fa sembrare fermi organi di macchine in rotazione se la sorgente luminosa ha una frequenza simile a quella della rotazione). Per questo sarebbe bene utilizzare sorgenti luminose con frequenza di alimentazione differente dai 50 Hz.
Figura – lampada a vapori di sodio ad alta pressione (SAP)
La lampada è costituita da un tubetto di speciale ceramica trasparente racchiuso in un bulbo di vetro duro. La proprietà caratterizzante di questa speciale ceramica a base di ossido di alluminio è la resistenza alle elevate temperature della scarica e all’aggressività chimica del vapore di sodio.
VANTAGGI
• Ottima efficienza luminosa
• Consumi molto contenuti per la versione standard
• Buona durata di vita media
• Possibilità di regolazione del flusso luminoso
SVANTAGGI
• Necessità di dispositivi appositi come l’alimentatore
• Tempo di messa a regime relativamente lungo (circa 5 minuti)
• Decadimento luminoso fino al 30%
• Tempi di riaccensione oltre il minuto
• Modesta resa dei colori (Luce gialla accentuata).
VALORI MEDI
• Efficienza luminosa = 70 – 150 lm/W
• Temperatura di colore = 2.000 ÷ 2.500 °K
• Indice di resa cromatica = 25 ÷ 80
• Durata di vita = fino a 12.000 ore
Lampade a ioduri metallici
Sono lampade a vapore di mercurio nelle quali sono stati introdotti ioduri metallici come cadmio, indio, tallio, che permettono di ottenere un notevole miglioramento della resa cromatica emettendo radiazioni distribuite lungo la banda della radiazioni visibili in modo da riempire le lacune dello spettro del mercurio. Si evita così di ricorrere al rivestimento dell’ampolla con polvere fluorescente, che comunque viene ancora fatta per qualche applicazione per ridurre la luminanza.
Figura – lampada a ioduri metallici
Necessitano però di un alimentatore per la stabilizzazione della scarica, di un accenditore in grado di fornire impulsi di tensione di 4-5 kV e di condensatore di rifasamento. Questa lampada trova il suo impiego maggiore nell’illuminazione artistica, impianti sportivi, piazze e strade dove si renda necessaria una buona resa cromatica.
Figura – lampada a ioduri metallici
Affinché la temperatura di colore della luce emessa sia costante e la durata di vita sia ottimale, la temperatura di funzionamento di queste lampade non deve superare i limiti imposti dalle case costruttrici, limiti in corrispondenza dei quali la tensione di lampada aumenta di più di 5 volt della tensione nominale. Per fare questo gli apparecchi di illuminazione, nei quali queste lampade vengono collocate, dovranno avere caratteristiche tali da mantenere un buon equilibrio termico. Inoltre dovranno essere evitate superfici ottiche per cui ci sia una riflessione verso lampada della luce a causa dell’effetto termico che potrebbe produrre e quindi evitare così un annerimento precoce della lampada ed una diminuzione della durata di vita. Ci sono poi nuovissimi modelli di nuova generazione che hanno notevolmente superato la barriera dei 100 lm/W, con alogenuri metallici in ceramica che hanno luce bianca calda di elevata qualità e con lunga durata, in grado di ridurre il consumo del 50% rispetto alle lampade al vapore di mercurio e risparmi notevoli di CO2 in atmosfera.
VANTAGGI
• Buona efficienza luminosa
• Buona resa cromatica
• Lunga durata di vita
• Esaltazione di statue e monumenti (miglior tipologia di luce bianca-brillante)
SVANTAGGI
• Costo elevato
• Necessità di dispositivi appositi ausili elettrici
• Tempi di accensione prolungati superiori agli 8 minuti
• Emissione di raggi ultravioletti
• Decadimento del flusso più rapido
VALORI MEDI
• Efficienza luminosa = 60 – 120 lm/W
• Temperatura di colore = 3.000 ÷ 6.000 °K
• Indice di resa cromatica = 75 ÷ 95
• Durata di vita = fino a 10.000 ore
Lampade a LED
Le lampade a LED sono presenti sul mercato da alcuni anni e presentano fortissimi elementi innovativi di interesse. Il colore della luce utilizzata per l’illuminazione pubblica e stradale è bianco, simile all’emissione dei tubi fluorescenti, con differente tonalità.
Figura – lampade con tecnologia a LED
L’efficienza luminosa, inizialmente bassa, è andata via via incrementando e attualmente ha superato i 100 lm/W, con ulteriori prospettive di crescita. Analizzando gli elevati valori di durabilità temporale installare tali tipi di lampade con elevato potenziale tecnologico costituisce nel lungo periodo un vantaggio economico e di garanzia del servizio. Lo sviluppo di dispositivi LED, capaci di coprire un ampio spettro di emissione dal verde fino all’ultravioletto, sta portando ad una rivoluzione nell’industria dedicata all’illuminazione: infatti, l’introduzione di strutture ad elevata efficienza luminosa mira a rimpiazzare le sorgenti bianche comunemente usate per scopi generali d’illuminazione. I vantaggi nell’adottare la tecnologia LED per l’illuminazione generale è legato sia alla riduzione delle emissioni prodotte nella generazione di energia elettrica che alla eliminazione del pericolo di inquinamento da mercurio, contenuto nelle attuali lampade a scarica. La realizzazione di LED di potenza con emissione nelle lunghezze d’onda nel blu o ultravioletto ha permesso di realizzare in modo efficiente LED a luce bianca, ottimale per l’illuminazione pubblica.
Le migliori efficienze dei LED bianchi sono attualmente ottenute per temperature di colore molto elevate (dell’ordine di 5700 K) ed essi possono presentarsi vantaggiosi per l’illuminazione esterna, in particolare lavorando a bassi livelli di luminanza, per i quali l’occhio umano ha una maggiore sensibilità nel verde-blu. La loro applicazione potrebbe permettere di adottare livelli di luminanza minori, pur mantenendo gli stessi standard di sicurezza, rispetto all’impiego delle convenzionali lampade al sodio (per considerare le sorgenti attualmente impiegate a maggiore efficienza luminosa) con emissione centrata sul giallo. Si evidenzia che l’attuale normativa per l’illuminazione esterna considera la possibilità di ridurre i livelli di luminanza (declassamento) in presenza di sorgenti con buona resa cromatica.
VANTAGGI
• Elevatissima durata.
• Minore manutenzione.
• Assenza di sostanze pericolose.
• Accensione a freddo immediata.
• Resistenza agli urti e alle vibrazioni.
• Dimensioni ridotte.
• Flessibilità di installazione.
• Possibilità di regolare la potenza.
SVANTAGGI
• Alto costo iniziale.
• Efficienza luminosa con margini di miglioramento.
VALORI MEDI
• Efficienza luminosa = 10 – 120 lm/W
• Temperatura di colore = 3.000 ÷ 9.000 °K
• Indice di resa cromatica = 60 ÷ 80
• Durata di vita = 30.000/100.000 in media si considerano 50.000 ore
Lampade a induzione
Le lampade ad induzione sono state poco utilizzate e considerate.
Figura – lampada ad induzione
Il principio di funzionamento è basato sulla presenza, in una ampolla di vetro rivestita da uno strato di sostanze fluorescenti, di un gas inerte a bassa pressione e di una modesta quantità di mercurio; al centro dell’ampolla vi è una bobina avvolta attorno ad un nucleo di ferrite alimentata, dall’esterno della lampada, da un generatore ad alta frequenza (a circa 2,65 MHz), dando luogo ad un campo magnetico. Le correnti indotte, nell’impatto con gli atomi di mercurio, danno luogo all’emissione delle radiazioni proprie di tale elemento, in massima parte nella regione dell’ultravioletto. La spolveratura fluorescente è poi la responsabile della radiazione nel campo del visibile con composizione spettrale in funzione delle proporzioni delle polveri impiegate.
La lampada ad induzione viene prodotta anche con un altro tipo di schema, utilizzando un anello tubolare fluorescente, entro cui la scarica è indotta da due magneti toroidali alimentati ad alta frequenza (a circa 250 kHz) da un alimentatore elettronico esterno alla lampada che favorisce la scarica dando luogo a radiazioni rese visibili dalla spolveratura fluorescente.
In entrambe le soluzioni, vi è assenza di parti deteriorabili come i catodi delle tradizionali lampade a scarica e l’estrazione di materiale ad ogni accensione, che rendono questo tipo di lampada particolarmente durevole nel tempo.
Quando uscì sul mercato fu considerata come la lampada del futuro nell’ambito dell’illuminazione pubblica, poi fu gradualmente relegata a particolari applicazioni, soprattutto in luoghi di difficile accesso o di difficile manutenzione grazie alla possibilità della sua installazione in qualsiasi posizione.
VANTAGGI
• Ottima durata di vita media
• Buona la resa cromatica
• Accensione immediata
• Assenza di sfarfallamento della luce
• Indipendenza alle oscillazioni di tensione
SVANTAGGI
• Alimentatore esterno
• Intervallo di temperatura di colore ridotto
• Necessita di attacco speciale
VALORI MEDI
• Efficienza luminosa = 50 – 80 lm/W
• Temperatura di colore = 2.700 ÷ 4.000 °K
• Indice di resa cromatica = 80 – 90
• Durata di vita = fino a 60.000 ore
Qualità delle lampade
Si riportano delle indicazioni per definire la qualità di una lampada e il quadro riepilogativo delle caratteristiche tecniche medie delle sorgenti luminose:
LA GESTIONE PER UN’ILLUMINAZIONE PUBBLICA PIÙ EFFICIENTE
Oggi la maggior parte degli impianti di illuminazione pubblica sono realizzati in modo da fornire delle prestazioni costanti per tutta la durata del loro funzionamento, ma difficilmente sono installati dei sistemi che permettono la gestione, in tempo reale o per intervalli di tempo, dei parametri illuminotecnici.
Generalmente un impianto di illuminazione pubblica è progettato per fornire un flusso luminoso superiore alle effettive esigenze dell’area illuminata. Infatti, la maggior parte delle lampade, per ragioni tecniche e normative, produce una quantità di luce in eccesso fino al 30-35%. La luce in eccesso è necessaria per ovviare al fenomeno di decadimento del flusso luminoso e rispettare, in questo modo, le prescrizioni della normativa vigente che prevede che la lampada, anche alla fine della propria vita utile, mantenga, comunque, a seconda del contesto in cui è installata, un determinato standard di luminosità.
Sistemi automatici di accensione/spegnimento
L’accensione e lo spegnimento di un impianto di illuminazione devono avvenire in maniera tempestiva per ottimizzare l’utilizzo della luce diurna. La corretta gestione di un tale aspetto costituisce una forte fonte di risparmio che deve essere affrontata con alte competenze e con l’adozione delle opportune apparecchiature tecnologiche. La gestione dell’accensione dell’impianto va regolata in relazione all’intervallo di tempo in cui il sole si trova tra 0° e 6° sotto l’orizzonte e la linea stessa dell’orizzonte, quello che è definito dalla normativa il “crepuscolo civile”. La “durata del crepuscolo civile” in un determinato luogo dipenderà dalle ore in cui il sole sorgerà e tramonterà (principalmente dalla latitudine, dalla longitudine e dal giorno dell’anno). La scelta di quando accendere o spegnere l’impianto è inevitabilmente influenzata anche dalla morfologia del territorio (pianura, collina, montagna) e in generale dai bisogni della comunità. E’ perciò fondamentale che la scelta del gestore ricada sull’accensione degli impianti alla fine del “crepuscolo civile” in modo da ottimizzare al massimo l’equilibrio tra il flusso luminoso naturale e quello artificiale.
Il dispositivo di comando che regola l’accensione e lo spegnimento si trova all’interno dei quadri elettrici di distribuzione che sono i comandi di un impianto di illuminazione. Nei quadri, inoltre, sono installati anche gli interruttori di protezione delle linee elettriche e il contatore di energia.
Per il dispositivo di comando, il tecnico ha a disposizione 3 apparecchiature tecnologiche:
1. Il timer, dispositivo che ad intervalli di tempo costanti accende e spegne l’impianto. Il limite di una tale scelta tecnologica è la modifica settimanale degli orari di accensione e spegnimento dovuta alla variazione stagionale.
2. L’interruttore astronomico, dispositivo dotato di comandi automatici per l’accensione e lo spegnimento in funzione delle coordinate di longitudine e di latitudine del luogo dell’impianto di illuminazione, calcolando il preciso istante in cui il sole sorge e tramonta.
3. L’interruttore crepuscolare, dispositivo dotato di una sonda, posizionata esternamente, che misura l’intensità luminosa e di un regolatore del livello luminoso individua l’intervallo di tempo in cui accendere e spegnere l’impianto. Il forte limite di tale dispositivo è che le polveri depositandosi sulla sonda ne impediscono il corretto funzionamento. Tale interruttore è il più usato, ma anche il più soggetto a malfunzionamenti.
Regolatori/Stabilizzatori della tensione
Il corretto funzionamento delle sorgenti luminose, indispensabile per incrementare la durata e l’efficienza del flusso luminoso, prevede una alimentazione con tensione non superiore al 5% del valore nominale.
Troppo spesso, però, nella realtà si registrano valori di tensione più elevati, dovuti a variazioni di carico stagionali o giornaliere e all’ente erogatore.
La stabilizzazione della tensione di alimentazione è centrale per la durata, l’invecchiamento e l’obsolescenza delle lampade e della qualità del flusso luminoso. Questo permette di ridurre l’usura della lampada e quindi allungarne la vita utile, abbassando di conseguenza i costi di manutenzione, sostituzione e smaltimento.
Un ulteriore beneficio nello stabilizzare la tensione di linea è il risparmio energetico, quantificabile in un 5-7% circa.
I regolatori di flusso, tecnologia ormai consolidata, si utilizzano per la regolazione e la stabilizzazione della tensione di alimentazione.
L’utilizzo di tali apparecchiature comporta i seguenti vantaggi:
• risparmio dell’energia consumata dovuto alla stabilizzazione della tensione durante il funzionamento a regime normale e alla riduzione del flusso luminoso nelle ore notturne. La riduzione dei consumi, in funzione del tipo di lampada e delle condizioni dell’impianto, può variare dal 20% al 50%;
• riduzione dei costi di gestione, manutenzione e di smaltimento, in quanto stabilizzando la tensione si riduce l’invecchiamento delle lampade. I regolatori tra l’altro non necessitano di manutenzione particolare, eccetto i consueti controlli visivi; le riparazioni possono essere effettuate da personale addestrato, ma non specializzato;
• elevata sicurezza degli utenti, perché grazie all’ottimizzazione e all’uniformità del livello di illuminamento si riducono le zone di ombra;
• riduzione dell’inquinamento luminoso grazie alla diminuzione di luminanza del manto stradale;
• facilità di installazione nei sistemi di illuminazione preesistenti.
L’illuminazione stradale è il settore di maggior interesse per l’applicazione di tali sistemi.
Da diversi studi effettuati, infatti, è emerso che di tutte le ore notturne solo 3-4 ore sono interessate da traffico intenso mentre per le restanti il flusso veicolare si riduce col passare del tempo. Nelle ore a minor traffico è possibile, sempre in ottemperanza alle vigenti leggi, tra cui il Codice della Strada, ottimizzare il flusso luminoso e quindi ottenere un risparmio di energia con l’installazione dei regolatori di flusso, che è un’alternativa alla più diffusa tecnica dello spegnimento alternato delle lampade, che ha l’inconveniente di illuminare in modo discontinuo lo spazio, aumentando la pericolosità.
Inoltre, escludendo le sole lampade a scarica a vapori di mercurio ad alta pressione, le altre lampade a scarica utilizzate nell’illuminazione pubblica possono essere sottoalimentate fino al 50% senza particolari problemi, con le lampade al sodio, infatti, si può ottenere un risparmio energetico attorno al 50 %.
In generale si distinguono tre famiglie di regolatori di flusso:
1. i regolatori con reattore ferromagnetico biregime
2. i regolatori centralizzati di tensione
3. gli alimentatori elettronici dimmerabili.
Queste tecnologie comportano entità di risparmio energetico in relazione alle modalità di funzionamento (quante ore in riduzione, per quanti giorni l’anno).
I reattori ferromagnetici tradizionali non sono in grado di filtrare e rimodulare i parametrici elettrici in ingresso ma inviano alla lampada gli stessi sbalzi di tensione che arrivano dalla rete di distribuzione di energia elettrica. In questo modo la lampada non mantiene pressoché mai una potenza costante passando continuamente da una tensione ad un’altra. Inoltre, tali reattori assorbono fino al 15% della potenza della lampada che devono alimentare (energia reattiva, che è penalizzata in bolletta). Per migliorare le performance energetiche e per allungare la vita media delle lampade sono state sviluppate due tipologie di apparecchi che servono per regolare la potenza e il flusso delle lampade: gli alimentatori elettronici dimmerabili e i regolatori centralizzati di tensione.
I regolatori centralizzati consentono di stabilizzare la tensione e, quindi, di allungare la vita media delle lampade, e permettere un significativo risparmio energetico. Con l’utilizzo di tali regolatori si può ottenere una riduzione del 5-7% della potenza nominale assorbita. I regolatori centralizzati hanno anche la funzione di regolazione del flusso luminoso riducendo la tensione di alimentazione delle lampade attorno ai valori desiderati. È una tecnologia consolidata e permette di ottenere buoni risultati con una spesa contenuta. Elemento di forza dei regolatori di flusso centralizzati è la possibilità di installarli all’interno dei quadri elettrici preesistenti, indipendentemente dalle lampade alimentate.
Hanno però dei limiti:
• gli impianti soffrono spesso di cadute di tensione a fine linea piuttosto marcate, soprattutto in impianti di illuminazione pubblica già esistenti e con linee piuttosto lunghe, ciò provoca lo spegnimento delle lampade installate a fine linea;
• non agiscono sul singolo punto luce ma sull’intero tratto, o tratti, di strada; la gestione è generalizzata alle linee collegate al quadro di comando.
Gli alimentatori (o regolatori) elettronici regolano il flusso direttamente sul punto luce tramite un ballast elettronico; è quindi possibile differenziarla non solo per tratti di strada ma anche all’interno del singolo tratto.
Questi dispositivi, sviluppatisi negli ultimi anni, risultano i più performanti:
• sostituiscono gli attuali gruppi ausiliari (accenditore, reattore e condensatore) svolgendone le funzioni caratteristiche con un solo componente, con il grosso vantaggio di eliminare le perdite del reattore ferromagnetico, che corrispondono fino al 15% dell’energia assorbita da ogni lampada;
• svolgono le funzioni di stabilizzazione e di riduzione della potenza quando è necessario e consentito;
• funzionano anche in presenza di significativi sbalzi termici, che costituiscono la sollecitazione principale per i circuiti elettrici. All’accensione, l’alimentatore aumenta gradualmente il valore di potenza assorbita dalla lampada, che poi si stabilizza durante il periodo di normale funzionamento. Questo permette di eliminare eventuali shock di sovracorrente all’accensione e sbalzi di tensione durante il funzionamento;
Figura: risparmio conseguito con un regolatore elettronico (caso lampada SAP da 150 W)
I sistemi di telecontrollo e di gestione energetica
I sistemi di telecontrollo e di gestione energetica della rete di illuminazione pubblica permettono di coniugare il risparmio economico con la sicurezza e la continuità di servizio.
L’accensione e lo spegnimento delle lampade possono essere controllato a distanza al fine di evitare che i sensori di luminosità sporcati da inquinamento allunghino l’intervallo di funzionamento.
La manutenzione, inoltre, può essere condotta in modo più razionale e meno costoso: la segnalazione in tempo reale di eventuali malfunzionamenti permette di intervenire tempestivamente e di eliminare i costi dovuti alla ricerca dei guasti.
Il monitoraggio continuo della rete consente anche di individuare facilmente le aree con consumi anomali e di pianificare al meglio la strategia di sviluppo della rete.
Sono due le soluzioni adottabili: a “isola” oppure “punto-punto”:
1. a “isola”, i parametri elettrici sono monitorati all’altezza del quadro di accensione;
2. “punto a punto”, soluzione più completa e complessa, permette di estendere la comunicazione ad ogni punto luce; è, infatti, possibile regolare o spegnere ogni singola lampada, controllarne le ore di funzionamento e programmare una sostituzione anticipata nel caso in cui la sorgente sia prossima all’esaurimento.
L’impianto di telecontrollo è generalmente composto da un server collegato con la postazione informatica e in tempo reale permette la trasmissione digitale dei dati.
Il rifasamento per la gestione della potenza
Il rifasamento è una tecnica che permette di utilizzare l’energia razionalmente, realizzando importanti risparmi economici e rilevanti miglioramenti tecnici. Il rifasamento ha lo scopo di ridurre, a parità di potenza attiva assorbita, il valore della corrente che circola nell’impianto che non è necessaria ai fini dell’utilizzo finale.
Le problematiche causate da un impianto non correttamente rifasato hanno delle ricadute sull’intero sistema elettrico perché comportano:
• Elevate perdite di potenza nella trasmissione di potenza sulle linee lettriche.
• Elevate cadute di tensione.
• Sovradimensionamento degli impianti di generazione e trasporto.
I vantaggi derivanti da un corretto rifasamento sono:
• Miglioramento della tensione.
• Riduzione delle perdite.
• Ottimizzazione delle gestione dell’impianto elettrico.
• Risparmio sulla sostituzione dei conduttori di energia per allungamento della loro vita media, perché rifasando l’impianto si riduce la corrente circolante nei cavi.
Un’utenza non rifasata correttamente o completamente, quindi, può generare oneri mensili rilevanti.
Scheda comparativa di mercato
Prodotto Tecnologia Note
ELTAM di Reverberi Ballast prodotto ELTAM (Israele), Reverberi distributore italiano.
Non ha protezione per sovratensioni
Non è possibile fare variazioni alla programmazione senza telecontrollo
Performance energetiche inferiori rispetto ai concorrenti
Non ha brevetto italiano e non può ottenere affidamento diretto dai comuni.
Non usano formula ESCO
UMPI Telecontrollo. Interfaccia con alimentatore ferromagnetico biregime .Il biregime è in parte elettronico ma non è a norma. Il biregime non è di loro produzione. Controlla funzionalità e stato d’usura, posticipa accensione (ore serali) ed anticipa spegnimento (mattina). Riduce tensione di alimentazione (da 230 V a 190V) con riduzione consumi
Non a norme europee
Regola solo tensione, non alimentazione
Non fa efficienza ma solo telegestione.
Prezzo a punto luce €300-1000
Non hanno la soluzione finanziaria.
Power One (Magnetek) Regolatore di tensione, non di potenza, punto-punto. Alimentatore elettronico abbinato ai telecontrollo. Controllo stato lampade, posticipare accensione, risparmio energetico atteso circa il 30%
Non hanno la soluzione finanziaria.
Dibawatt® (MenowattGe) Alimentatore elettronico dimmerabile a microprocessore, con 4 potenze di lavoro. Certificato CE, IMQ, ENEC. Rispetta le norme UNI 11431:2011, Rispetta e migliora le più restrittive CEI EN 60662:2013. Abbatte l’energia reattiva. Telecontrollabile. Preprogrammato con 18 cicli, possibilità di aggiungerne altri. Protetto da sovratensioni e sovratemperature. Abbinabile a sistemi di Smart City e teleletture contatori. Facile installazione. Risparmio energetico atteso oltre il 35% Brevetto italiano. Può ottenere affidamento diretto dai comuni. Usano la formula ESCo, con garanzia del risparmio e nessun investimento per l’Ente. Riscontro economico immediato, propongono garanzia sul prodotto per tutta la durata dell’intervento. Possibilità di estensione di garanzia.
REALIZZARE UN INTERVENTO DI EFFICIENZA ENERGETICA NELLA PUBBLICA ILLUMINAZIONE
Nel campo dell’illuminazione pubblica, gli amministratori degli enti locali si trovano a dover fare delle scelte importanti per raggiungere obiettivi di risparmio energetico dovendo fronteggiare due importanti ostacoli:
i. la carenza di competenze specifiche;
ii. carenza di informazione rispetto gli impianti esistenti, inclusi i consumi e i costi di manutenzione;
iii. la scarsità di risorse economiche e relativi vincoli (patto di stabilità, difficoltà di indebitamento, ecc.).
Generalmente, le amministrazioni pubbliche realizzano interventi che si suddividono in tre categorie:
i. nuovo impianto di illuminazione;
ii. intervento parziale rilevante ma che conserva l’infrastruttura;
iii. intervento parziale minore, cui corrisponde solo la sostituzione di alcuni componenti.
Nel caso di intervento parziale, l’esperienza suggerisce di procedere prima di tutto eliminando le situazioni di pericolo sia sulle centraline di alimentazione che sull’infrastruttura, sostituendo le posizioni in cui sono presenti lampade al mercurio o con filamento, con lampade a sodio o LED ed eliminando gli ombreggiamenti dovuti ai rami degli alberi. In secondo luogo è necessario valutare l’opportunità di sostituire i corpi illuminanti e il sistema di alimentazione per ottenere risultati illuminotecnici migliori e maggiore efficienza. Ciò significa decidere, anche in funzione della disponibilità finanziaria, il tipo di tecnologia da adottare:
i. lampade tipo sodio alta pressione unite a nuovi corpi illuminanti, nuovi reattori ferromagnetici, sistemi di regolazione del flusso luminoso installati nelle centraline di alimentazione;
ii. come sopra ma abbinate a regolatori e alimentatori posizionati sul singolo punto luce;
iii. lampade tipo MH ioduri metallici (sodio di colore bianco) abbinate a regolatori e alimentatori posizionati sul singolo punto luce;
iv. sistemi di illuminazione a LED, con opportuno alimentatore e regolatore sul singolo punto luce.
Queste tecnologie hanno costi di investimento e di conduzione (energia, manutenzione) sostanzialmente simili in un arco di 20 anni.
Le differenze sono sia di tipo estetico che gestionale, infatti:
i. il sodio alta pressione ha bassi costi di manutenzione, ma consuma più energia, la luce è gialla, si adatta bene a quartieri, strade in generale, incroci;
ii. il sodio con luce bianca ha minori consumi ma maggiori costi di investimento e conduzione, è oggi molto utilizzato nelle vie di pregio;
iii. il LED si caratterizza per la durata della fonte luminosa di 10-15 anni ed è particolarmente adatto a strade e incroci dove la manutenzione dei punti luce è difficile.
Si possono ottenere risparmi energetici più consistenti adottando sistemi intelligenti di illuminazione, che modulano l’illuminazione.
Da quanto sopra esposto, si evince che le scelte di investimento, proprio perché coinvolgono molti fattori non solo economici, debbono necessariamente essere fatte con una visione di lungo termine.
Le possibili modalità di finanziamento
Le modalità di intervento da parte dei Comuni oggi sono differenti e spesso sono effettuate per interventi parziali finalizzati all’adeguamento normativo degli impianti. La mancanza di contributi pubblici è spesso un freno agli investimenti. Anche in presenza di contributi, talvolta questi non sono proporzionati ai costi di investimento che le amministrazioni pubbliche dovrebbero sostenere e quindi gli interventi vengono comunque rimandati, in attesa che arrivino i finanziamenti. Alla fine risulta che, a meno che l’intervento non si ripaghi da solo in tempi brevi, talvolta si rimandano anche gli adeguamenti necessari o si affrontano solamente interventi di manutenzione ordinaria. In certi casi sarebbero invece più opportuni interventi complessivi o realizzazioni ex novo dei sistemi di illuminazione, come ad esempio in un borgo rurale dove l’illuminazione è ancora con lampade a incandescenza. Quindi, le motivazioni dell’investimento vanno talvolta ricercate altrove anche se la prima verifica è quella dei costi e dei benefici.
Intervenire con una ESCo
Il D.Lgs. 115/2008, in attuazione della Direttiva 2006/32/CE relativa all’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici, definisce la Energy Service Company, in breve detta ESCo, “come persona fisica o giuridica, che fornisce servizi energetici ovvero altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica nelle installazioni o nei locali dell’utente e ciò facendo, accetta un certo margine di rischio finanziario. Il pagamento dei servizi forniti si basa, totalmente o parzialmente, sul miglioramento dell’efficienza energetica conseguito e sul raggiungimento di altri criteri di rendimento stabiliti”.
Una ESCo, pertanto, è un’ impresa che finanzia, sviluppa, installa e gestisce progetti rivolti al miglioramento dell’efficienza energetica ed al mantenimento dei costi relativi alla attrezzature installate a tale scopo. E’ però fondamentale sottolineare la differenza con le altre imprese che offrono efficienza energetica per il concetto di contratto basato sul rendimento o più semplicemente sul risultato energetico ottenuto. Una ESCo si impegna a coprire il costo iniziale dell’installazione e di una serie di servizi, che il cliente pagherà mediante cessione completa o parziale del risparmio ottenuto rispetto al conto energetico pre-intervento.
La ESCo si offre di sostenere non solo l’investimento ma anche il rischio tecnico connesso e quello eventuale di un mancati risparmi, garantendo così il cliente nel modo più completo possibile.
In breve l’attività di una ESCo si basa su quattro principi fondamentali:
i. capacità di seguire tutte le fasi di realizzazione e gestione del progetto in modo integrato, coordinandolo, ottimizzandolo, contestualizzandolo, dando la priorità al risparmio energetico;
ii. remunerazione in base al risparmio energetico effettivamente conseguito, ossia la differenza tra la bolletta energetico pre e post intervento migliorativo spetta alla ESCo fino al termine del periodo di pay-back previsto nel contratto;
iii. finanziamento diretto o indiretto dell’intervento. Uno degli strumenti più utilizzati è il Finanziamento Tramite Terzi (FTT);
iv. garanzia al cliente del risparmio energetico.
L’Ente pubblico affidando ad una ESCo il progetto di gestione, manutenzione e riqualificazione energetica e normativa degli impianti di illuminazione pubblica potrà ottenere vantaggi sia economici sia energetico-ambientali senza anticipare il capitale iniziale.
CONCLUSIONI
Alla luce degli elementi sovra riportati, un intervento di efficientamento energetico nell’impianto di illuminazione pubblica dovrà sempre essere valutato con particolare attenzione ai seguenti elementi:
i. rispetto delle esigenze di qualità, sicurezza e di adeguatezza del pubblico servizio in relazione alla normativa vigente;
ii. performance tecnologico della soluzione identificata;
iii. garanzia sul risparmio;
iv. soluzione finanziaria.
Data la scarsità di risorse e la complessità degli interventi, agli Enti Locali è consigliato di rivolgersi ad una ESCo in quanto:
i. realizza gli interventi di riqualificazione energetica, senza la necessità per l’ente di disporre o immobilizzare le risorse finanziarie richieste per l’investimento;
ii. possiede competenze tecniche specifiche di cui l’amministrazione probabilmente non dispone, ottenendo un servizio e un approccio integrato a 360°;
iii. si ottengono riduzioni dei consumi e dei costi di gestione con il miglioramento tecnologico, l’aumento del comfort, senza costi di investimento.
In particolare si dovranno valutare:
i. la durata del contratto Energy Perfomance Contract proposto;
ii. la solidità finanziaria della società partner;
iii. le garanzie tecnologiche offerte, anche in un’ottica di miglioramento del sistema di illuminazione complessivamente inteso.
Inoltre sarebbe opportuno che la garanzia offerta e garantita nei contratti stipulati nei confronti della Pubblica Amministrazione fosse prestata sotto forma di polizza assicurativa (per coprire il rischio di under-performance).